La gonnella era il primo degli abiti che si poteva considerare da sopra ovvero veniva indossato direttamente sopra gli indumenti intimi. “Cotta ovvero gonnella e una correggia come cigna di cavallo con fibbia e puntale, con sfoggiata scarsella alla tedesca sopra il pettignone” così Giovanni Villani nelle sue “Croniche” descriveva una veste che veniva portata con alte cinture di cuoio che sembravano finementi da cavallo, alle quali si attaccavano le borse in pelle.
La gonnella era l’abito più indossato e diffuso in ogni classe sociale; usanza rilevata sia nelle fonti iconografiche sia in quelle scritte tant’è che il Boccaccio nel suo “Decameron” la fa indossare dai signori agli asinai senza distinzioni di categoria sociale.
Le nozze di Cana, Duccio di Buoninsegna, Siena 1308
Nel Trecento uscire di casa con indosso solo la gonnella non era considerato di buon gusto tanto più che Franco Sacchetti (Ragusa di Dalmazia, 1332 – San Miniato, 1400), poeta e scrittore italiano, nella sua raccolta “Il Trecentonovelle” riporta “…Messer Valore, che era in gonnella, che sempre andava senza mantello…” scandalizzandosi di quest’usanza. Questo valeva per gli uomini di una certa età e per gli appartenenti alle classi benestanti, ma non per i giovani o coloro che appartenevano ai ceti bassi come artigiani e contadini. Per i poveri la gonnella era l’unico capo d’abbigliamento addirittura solo per quelli che se la potevano permettere insieme alla camicia, nel “Grande dizionario della lingua italiana”, dizionario storico della lingua italiana di Salvatore Battaglia si legge “…tutti i poveri bisognosi… a catuno dovrebbe nuova gonnella… si debbiano ispendere in gonnelle e in camiscie”.
Agli inizi del secolo appariva lunga con maniche strette che si infilavano grazie ad una fila di bottoni dal gomito al polso, la scollatura era rotonda, ma, tra i signori, seppur poco diffuse, potevano esservi gonnelle con colletti alti poco più di un paio di centimetri e stretti che potevano essere indossati solo grazie all’abbottonatura fino all’orlo.
Proprio nel Trecento vi su una vera e propria diffusione dei bottoni; oggetto nato nel Duecento, il bottone fu subito considerato un ottimo mezzo per valorizzare le vesti. Si avevano bottoni in legno ricoperti di stoffa, in metallo come oro e argento o in ambra in base alle disponibilità economiche del proprietario.
Fino al 1340 il taglio della gonnella riprendeva quelle forme stilistiche della tunica duecentesca infatti era piuttosto ampia soprattutto dalla vita in giù serrata sui fianchi da una cintura; l’ampiezza era data dall’inserimento di gheroni ovvero “triangoli” della stessa stoffa applicati alla gonna della veste infatti si legge in “Decameron di Messer Boccaccio” una definizione di gherone: “pezo che si mette alle vesti per giunta o supplemento spezialmente nel fondo, per farle più larghe.
L’Allegoria ed Effetti del Buono e del Cattivo Governo è un ciclo di affreschi di Ambrogio Lorenzetti, conservato nel Palazzo Pubblico di Siena e databile al 1338-1339.
Verso il 1340 oltre alle maniche aderenti vi erano anche quelle tagliate in sbieco e pendenti. Le maniche della gonnella iniziarono ad interrompersi al di sopra del gomito per terminare in una singola striscia di tessuto più o meno lunga che pendeva dietro al braccio lungo la quale si vedeva la fodera della veste.
Contemporaneamente vi era l’uso dei cappucci che riprendevano solitamente il colore della veste o addirittura erano dello stesso colore e ne coprivano collo e spalle.
Caccia col falcone, Matteo Giovannetti, Avignone 1347
Presentazione al Tempio e Santi, Giovanni del Biondo, Firenze 1364
Dopo il 1340 il busto diventò aderente e la parte inferiore si presentava piuttosto ampia. Tale aderenza richiedeva un’apertura frontale che veniva chiusa da una lunga fila di bottoni definita con il termine di “bottoniera”.
Esercito del Faraone annegato nel Mar Rosso, Bartolo di Fredi, San Giminiano 1367
In questo decennio l’uso dei bottoni era già diffuso in quasi tutte le classi sociali e ovviamente questo portò a sfoggiare bottoni sempre più preziosi e sempre più numerosi; anche nei ceti inferiori si diffusero ampiamente i bottoni in stoffa per seguire questa moda e per cercare di imitare le vesti dei ricchi.
Niccolò da Bologna, 1350, conservata presso National Gallery of Art, Washington
San Francesco che guarisce gli ammalati, Bartolo di Fredi, Siena seconda metà XIV secolo
Nel 1350 la lunghezza della gonnella arrivò appena sopra al ginocchio e aderente al busto ai fianchi per lo più tra i govani dando risalto alla snellezza fisica. Le gambe venivano coperte da calze sempre più aderenti a alte.
La gonnella trecentesca era realizzata generalmente in panno di lana, più o meno costoso, e poteva essere foderata in lino o canapa, addirittura in seta per coloro che potevano permetterselo. Si trovano gonnelle anche in lino o in seta foderate in lino per le stagioni più calde o in pelle d’angelo o di vaio per quelle più fredde.
Storie dell’Antico Testamento, Bartolo di Fredi, San Giminiano 1367
Nel corso del secolo si trovavano gonnelle dai colori brillanti e vivaci, generalmente di tinta unita, vi erano anche gonnelle “divisate”, “bipartite” o “dimidiate” ovvero divisa a metà da due colori in verticale, oppure “a righe”, “a scacchi” o “a quadri”; nel dizionario storico “Grande dizionario della lingua italiana” viene riportato da Giovanni Villani l’uso limitato di gonnelle lussuose imposto dalle leggi suntuarie ai cavalieri e alle loro donne: “le gonnelle e le robe divisate a’ fanciulli e fanciulle, e tutti i fregi, ed eziandio ermellini, se non a’ cavalieri e loro donne”.
Allegoria ed Effetti del Buono e del Cattivo Governo, Ambrogio Lorenzetti, Pubblico di Siena, 1338-1339
Storie della Vera Croce, Agnolo Daddi, Firenze 1380
Congedo di San Ludovico da Bonifacio VIII, Ambrogio Lorenzetti, Siena, 1348
Matrimonio della Vergine, Niccolò di Buonaccorso, 1380
Tra il 1360 al 1390 la veste si accorciò ulteriormente e la scollatura tonda diventò più ampia; per coprire la scollatura della veste si utilizzavano i cappucci. Il cappuccio diventò un elemento della “raba” (guardaroba) indispensabile soprattutto nelle classi più alte.
Oratorio di Santo Stefano di Lentate sul Seveso, 1367/69
Approfondimento sul mantello su 👆🏻 https://vestioevo.com/2017/12/16/il-mantello/
Oratorio di Santo Stefano di Levante sul Seveso, 1367/69
San Giovanni Galberto in trono con quattro storie della sua vita, Firenze, 1370
Questa tipologia di gonnella maschile rimase sostanzialmente uguale fino alla fine del secolo; tra la metà del 1370 e il 1400 la veste trecentesca raggiunse la massima aderenza nel Nord Italia influenzata dalla moda francese. In un esempio parigino del 1372 conservato presso la Biblioteca Reale olandese l’uomo viene rappresentato con una gonnella stretta chiusa frontalmente da una bottoniera che prosegue sul colletto infatti l’aderenza veniva permessa dall’allacciatura sul colletto rotondo tramite bottoncini che, come si nota nell’immagine, risultano essere più piccoli rispetto agli altri. Questa tipologia di gonnella non era molto diffusa in Italia.
Non mancavano contemporaneamente le gonnelle di taglio “comune”, semplice, “da lavoro” tra artigiani, mercanti, contadini, nei ceti bassi e tra i non più giovani.
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