Pellegrina: un termine ottocentesco
“Dall’ultimo decennio del XVIII secolo fino a tutto l’Ottocento, sulle spalle delle mantelle e dei cappotti veniva appoggiata una piccola mantellina, spesso doppia o tripla. Era chiamata “pellegrina”, proprio come i pellegrini che nell’iconografia medievale indossavano lunghi mantelli con cappuccio di tessuto grezzo. Visto che nel periodo romantico andavano gli abiti femminili con maniche molto gonfie, la pellegrina si appoggia leggera fino al gomito ed è di mussola inamidata e ricamata per l’estate, come un enorme collo che scende e viene fermato alla vita dalla cintura. Guarniva anche mantelle e cappotti maschili arricchita da grandi e piatti bottoni stemmati, asole profilate, bordi di pelliccia, colli di astrakan. Decenni dopo, con la crinolina, la mantella distingueva la dama elegante. Durante l’inverno era lunga foderata di trapunta o di morbido pelo e portata con la pellegrina con cappuccio sulle spalle. Ricamata con soutage, profilata da frange o pelliccia, completava le mantelle da giorno. Per andare a teatro o per gli abiti da ballo, era di seta, di velluto, impreziosita da brillanti jet, circondata di nastri e rouches smerlate.
La moda cambia e le gonne si stringono, accostandosi alle gambe, ma la pellegrina è sempre appoggiata sulle spalle, estate e inverno, piena di pizzi, nastri, ricami, esaltando l’ovale del volto.”
Così si legge su “La Repubblica”; il termine “pellegrina” viene coniato tra il XVIII e XIX secolo principalmente per definire l’abbigliamento convenzionale del pellegrino, ovvero nel particolare, perché vi è la presenza di un mantello per copriprirsi e proteggersi in caso di freddo o intemperie durante i lunghi viaggi. La pellegrina, termine dunque di diffusione ottocentesca, era indossata sia da uomini sia da donne che la portavano dunque come “accessorio” elegante arricchita da grandi e piatti bottoni stemmati, asole profilate, bordi di pelliccia, colli di astrakan.
A tal proposito vi sono parecchie immagini datate 1800 di pellegrine femminili, termine usato da Lina Mondini Lugaresi in “Moda e costume”, o da Giorgio Marangoni in “Evoluzione storica e stilistica della moda” e, prendendone ad esempio due in particolare di cui una delll’inizio è una della fine del 1800 si notano le tipiche forme stilistiche della moda dell’epoca.
Dal “Ritratto di Maria Adelaide di Savoia, duchessa di Borgogna”, di Constant Louis Félix Smith del 1835, la principessa sabauda indossa un preziosissimo abito tipico del romanticismo italiano (1815-1847) sul quale porta una corta pellegrina, orlata in pelliccia.
A fine secolo “La parigina”, ritratta da Federico Zandomeneghi nel 1894, indossa un abito scuro di tessuto pesante con un taglio tipico degli ultimissimi anni dell’ ‘800 accessoriato da una pellegrina dal collo alto e dall’orlo impellicciato. Nell’iconografia medievale il pellegrino indossava un mantello con il cappuccio, convenzionalmente definito in tempi moderni pellegrina, che copriva il corpo oppure portava un cappello rotondo a tese larghe tenuto fermo da un laccio, conosciuto con il termine di “petaso”, che proteggeva sia dalla pioggia sia dal sole. La mantella o mantellina era diffusa come “cappa” come si legge sull’Enciclopedia Treccani, i pellegrini che si dirigevano a Gerusalemme portavano ben in vista la croce, gli altri che viaggiavano verso Compostela portavano sulla cappa o sul cappello la conchiglia di San Giacomo che originariamente raccoglievano sulle spiagge dell’oceano Atlantico e successivamente diventata simbolo comune a tutti i pellegrini. Simbolo tipico ed emblema del pellegrinaggio di San Giacomo da Compostela era il “pecten jacobaeus”, (il nome “pecten” deriva dalla preistoria quando era usato come pettine grazie alla forma della conchiglia) volgarmente noto come cappasanta, pettine di mare o conchiglia di San Giacomo presente nello scudo araldico di Papa Benedetto XVI e sulle cappe di San Giacomo appunto o di San Rocco o di pellegrini in genere, essendo diffuso il “bisogno” di riportare indietro con sé un oggetto che continuasse a rappresentare un legame materiale con la straordinaria esperienza vissuta e come testimonianza del viaggio. Quando i pellegrini arrivavano finalmente a destinazione, legavano la conchiglia al collo o direttamente alla cappa (mantellina) oppure al loro bastone che li aveva sostenuti lungo il cammino. Questa conchiglia nel corso del medioevo oltre ad essere simbologia del pellegrinaggio, era utilizzata per abbeverare i viaggiatori, una volta tolto il mollusco, o per versare l’acqua santa sulla testa di chi doveva essere battezzato.
Immagine tratta da “Pellegrini del medioevo. Gli uomini, le strade, i santuari”, Raymond Oursel, scrittore, ricercatore e storico francese scomparso nel 2008. Biblioteca Storica.

L’Allegoria ed Effetti del Buono e del Cattivo Governo, un ciclo di affreschi di Ambrogio Lorenzetti, conservato nel Palazzo Pubblico di Siena e databile al 1338-1339.
Per definire il becchetto si trovano parole come “cauda”, ma il termine corrisponde in latino era “liripipius” ovvero caratteristico cappuccio dalla lunga “cauda” becchetto appunto che all’occorrenza poteva rivelarsi utile come sciarpa da attorcigliare intorno al collo. Liripipius, liripipium, liripipion, liripipe le accezioni sono numerose nel latino tardo-medievale, ma il temine riporta al lungo “becchetto” pendente dai cappucci; un tentativo di inquadramento del termine è stato proposto da Marc Carlson in “Glossary of some medieval clothing terms”: “liripoope, liripope, lerripoop, leerypoope, liri-, lyri-, leripup, lyripoope, lirry-poop(e, leerepoop, luripup, lirripippes, (liripipy), liripipe. [ad. med.L. liripipium, leropipium, explained in glosses as ‘tippet of a hood’, ‘cord’, ‘shoe-lace’, and ‘inner sole-leather of shoes’. No plausible etymology has been found; connexion of the latter part with F. pipe. is not unlikely; the form loripipium, which suggests L. lorum strap, is prob. an etymologizing corruption. Cf. F. liripipion (Cotgr.) ‘a graduate’s hood’. Ménage’s ludicrous guess, that liripipium is a corruption of cleri ephippium, is repeated seriously in recent Eng. Dicts.] In early academical costume: The long tail of a graduate’s hood (see quot. 1860). — ‘long ‘tail’ descending”.
Il lungo liripipius si nota nei tre uomini in una miniatura tratta dall’ opera “De Bello Pharsalio” di Nicolò da Bologna del 1380 conservata a Milano nella Biblioteca Trivulziana.
Nel XIV secolo l’uso di questo copricapo era soprattutto di privilegio maschile, ma dalle opere di Franco Sacchetti (Ragusa di Dalmazia, 1332 – San Miniato, 1400) si evince che le donne non erano avverse a questo indumento, da “Il Trecentonovelle” dello scrittore e poeta italiano si legge “Le donne vanno in cappucci e mantelli (omissis). Che è a vedere le giovanette che soleano andare con tanta onestà, avere tanto levata la foggia al cappuccio che n’hanno fatto berretta, e imberrettate, come le mondane vanno” però in “Storia del costume in Italia” volume II di Rosita Levi Pisetzky si legge “Nei corredi tuttavia i cappucci non sono ricordati di frequente, forse perchè non molto diffusi nell’uso femminile, forse perchè compresi nei mantelli o in altre vesti a cui potevan essere annessi. Ma, per esempio, nel ‘366 il bel corredo di Bandeca figlia di Cenni fu Berto di Pistoia elenca a parte ‘unum capputeum’, e Valentina Visconti, come già si è detto, ha quattro cottardite con cappuccio assortito” come si trova anche “Storia di Milano” di Bernardino Corio in cui è elencato il corredo di Valentina Visconti. Il cappuccio a gote dal lungo becchetto, o cornetta, era diffuso con il termine di origine francese “chaperon” nell’italianizzazione “capperone” o “chaperone” e nacque come capo di abbigliamento puramente pratico, in uso ai laboratores del Basso Medioevo. Probabilmente il termine derivava dalla sua forma complessiva, largo alla fenditura, lungo e stretto sul retro, che ricordava la forma del bocciolo dell’arbusto “Capparis spinosa”.Un’importante testimonza si trova nell’opera dell’agronomo toscano Pietro de’ Crescenzi (1233 — 1320) “Ruralium Commodorum” che parla espressamente dei “capperoni” utilizzati dai contadini. Il capo non era molto diverso dalla cappa portata dai pellegrini e dagli uomini del clero, “almuzia”, nè per stoffe nè per forme, sennonché la fodera e la presenza della lunga cornetta “liripipe” sul fondo del cappuccio.
Sul Vocabolario degli Accademici della Crusca, (Firenze 1612) si legge “Capperone, da cappa. Cappuccio, capperuccio contadinesco, o da vetturali, il quale è appiccato a’ lor Saltambarchi, per portarselo in capo sopra ‘l cappello, quando e’ piove. Lat. cuculio.”
Il capperone in poco tempo passò da uso prettamente lavorativo a far parte della moda benestante; furono i conti di Franca Contea a lanciare ufficialmente nella moda francese l’uso del capperone, enfatizzando l’usanza di riavvolgere intorno al capo la cornetta del cappuccio. Sulla base si potevano trovare svariate decorazioni: affrappature a foglie, a smerlo o squadrate.
Si legge in “Autunno del Medioevo” di Johan Huizinga che il Duca Filippo III di Borgogna, “Arbiter elegantiae” dell’Europa della prima metà del Quattrocento, fece del capperone un ibrido trovando così un’altra tipologia di copricapo molto in voga all’epoca: a turbante di moda nel XV secolo appunto come il capperone a turbante indossato dai due uomini in “Storie di San Pietro” di Masaccio e Masolino da Panicale nella Cappella Brancacci del 1424/28 presso la Chiesa del Carmine a Firenze.
Romanzo della Rosa, poema realizzato tra il 1237 e il 1280, iniziato da Guillaume de Lorris è completato da Jean de Meung
A riguardo si trovano parecchie fonti italiane iconografiche tra le quali per il 1370, nell’abbigliamento maschile, del Maestro di Lentate il Ciclo di affreschi dedicati alla Leggenda di S. Stefano, nell’Oratorio di S. Stefano a Lentate sul Seveso (MB) e per il 1412, nell’abbigliamento femminile, di Gentile da Fabriano “La Retorica” presso il Palazzo Trinci di Foligno (PG) nella Sala delle Arti liberali e dei Pianeti.
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