Il gusto del ‘400 tra moda e cucina

A Castell’Arquato, presso il Parco delle Driadi, in occasione delle giornate dedicate a Rivivi il Medioevo, è stata presentata la filata “Il gusto del ‘400 tra moda e cucina”: una suggestiva sfilata che ha accompagnato gli spettatori lungo il meraviglioso mondo della moda femminile e dell’arte culinaria quattrocentesche.

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Immagine di Roberta Tragni sul quotidiano “La Libertà”, articolo di Fabio Lunardini

Vesti come gonnelle in lana foderata e in lino, chiuse da bottoni frontali e sulle braccia, in stoffa o in metallo; guarnacche dalle maniche intercambiabili, attaccate alle vesti tramite laccetti con “agugelli” come terminali. Sopravvesti come ricamate guarnacche, ricche pellande in lana o damascate dai “collaretti” chiusi da “bottoniere” agli scolli ampi, dalle maniche a tromba, ad ala affrappate e lavorate o corte o arricciate; morbide giornee, lasciate cadere come mantelli con strascico…. Tutto questo è moda!image

imageLe modelle hanno indossano preziosi abiti realizzati su quelle che erano le caratteristiche stilistiche della moda del ‘400 e sono state accompagnate dai loro servitori in gonnella di lana foderata e grembiule, i quali hanno portato in tavola gustose ricette tratte dal Libro de Arte Coquinaria di Mastro Martino del 1400.

image imageLa torta è un tipo di preparazione antichissima, che affonda le sue radici nella cucina dell’antica roma (si chiamava placenta, dal greco plakounta, cioè focaccia, schiacciata; la parola venne anche assunta a termine di paragone per indicare una forma circolare, ricordiamo anche la patinae di Apici, sempre preparazioni caratterizzate da strati di pasta e farcia di vari tipi) ed è diffusa in tutta la cucina medievale italiana. se all’inizio il termine torta indica una pagnotta, va poi a individuare una pasta farcita con ripieno, differenziandosi poi ulteriormente nel pasticcio e nel tortello. La pasta delle torte è composta da un impasto molto semplice (a volte neppure descritto), di farina a e acqua: nel 1400 si arricchisce di altri ingredienti come uova, vino, acqua alle rose, latte di pinoli.

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imageLe graziose aperture laterali, denominate comunemente finestrelle, erano particolarmente soppesate dagli uomini di chiesa in quanto rivelavano le forme femminili, tant’è che vennero soprannominate “finestre d’inferno” o “del diavolo”: appellativo che rilevava perfettamente l’atteggiamento ascetico del medioevo davanti alle tentazioni che le forme femminili potevano suscitare dato che l’idea era quella che queste finestrelle potessero provocare dei pensieri impuri nella mente degli uomini.

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imageLa torta comune ha un impasto simile ad altre, a base di formaggio, ma si distingue per l’aggiunta dell’uva passa: un ingrediente dolcificante e al contempo addensante che nel corso del 1400 acquista sempre maggiore importanza. L’uva passa era ritenuta nutriente e di giovamento per i reni, per rimuovere le occlusioni del fegato, ma poteva causarle e alla milza.
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imageLe sopravvesti più maestose e ricche di tessuto indossate, erano le pellande; il termine pellanda era diffuso nel Nord Italia, mentre nel Centro e nel Sud si utilizzavano i termini di socha o sacco.

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imageQueste erano realizzate con una grande quantità di tessuto e spesso terminavano con uno strascico. In genere le pellande erano chiuse frontalmente da una serie di bottoni sul petto che terminavano su alti colli; in contrasto con le scollature, vi erano appunto i collaretti, altissimi, di solito talmente alti da arrivare alle orecchie e allargarsi attorno al mento.

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imageLa torta di riso bianco: la coltivazione su “larga” scala del riso in Italia avviene proprio nel corso del ‘400, quando si diffonde in Lombardia, piemonte e mano a mano la bassa padana a est. Pensiamo che addirittura non era venduto insieme agli altri cereali, ma era lo speziale (il farmacista dell’epoca) a venderlo.

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Dalla medicina transiterà piuttosto velocemente nella cucina, anche per l’alto costo che lo rendeva un ingrediente adatto a mostrare il proprio status. Veniva descritto come un alimento facilmente digeribile e con una naturale tendenza a costipare, ma tale caratteristica diminuiva se cucinato con burro o mandorle. Ovviamente non sempre le credenze sono reali, ricordiamoci che si tratta della medicina galenica, basata sui quattro umori caldo/freddo e secco/umido.

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imageLa pellanda era fermata sotto al petto da una ricca cintura in stoffa o in pelle impreziosita da decorazioni metalliche.
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imageLe maniche delle pellande potevano avere varie forme: vi erano maniche a tromba, maniche ad ala che arrivavano a toccare a terra o addirittura a creare uno strascico e potevano avere varie affrappature, da diverse forme di foglie a smerlature quadrate/rettangolari o tonde, poi vi erano maniche a tubo o aperte da tagli centrali che lascivano spazio a quelle della veste sottostante.

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imageLa torta di ceci: anche in questo caso la medicina galenica ne descrive le proprietà, risolverebbero le occlusioni di fegato e milza, romperebbero i calcoli, purgano i reni e la vescica, schiariscono la voce, fanno sparire i vermi. All’interno dell’impasto poteva essere aggiunta anche l’acqua rosata, che mentre per noi è un prodotto estetico, per i cuochi medievali l’acqua ‘odorifera’ trovava un ampio utilizzo in cucina: potevano essere prodotte per semplice infusione dei petali e quindi con una ampia varietà di fiori, oppure ricavate da sostanze animali come il muschio (sostanza odorosa ricavate dalle ghiandole del cervo).

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imageVerso la metà del XV secolo si diffuse la giornea: una sopravveste utile e comoda, ma al contempo strumento di ostentazione della ricchezza. Fermata in vita da una cintura chiusa posteriormente al di sotto della sopravveste, risultava più lunga sulla schiena nella moda maschile e creava uno strascico in quella femminile, un particolare messo alquanto in discussione.

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image“O donne, ditemi che fa la coda della donna quando ella va per via di state? Fa polvere, e di verno s’imbratta nel fango. E colui che le va dietro di state, si ha lo’ncenzo che ella fa, e chiamasi quello lo’ncenso del diavolo. Or vediamo: di verno infangasi e guastasi il vestimento da piei, chè s’involle nel fango come fa una porca, e poi vi perde uno dì a dizaccararlo. E se ella lo fa nettere alla fonte, quanti vermocani le manda, dicendo villania della sua madonna porca.” Con queste parole colorite San Bernardino da Siena, nelle sue “Prediche Volgari” paragona lo strascico alla coda del diavolo.

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imageLa ricetta della torta bolognese è di facile esecuzione. È una torta deliziosa, dal delicato ripieno aromatizzato allo zafferano. La cottura della torta avveniva in una padella messa sulle braci ed è probabile che si utilizzasse una piastra calda o un “testo” per coprire la padella.

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imageIl detto “un altro paio di maniche”, ancora molto usato nel periodo attuale, ha origine dopo la metà del XV secolo quando la moda femminile prevedeva maniche intercambiabili. L’originale sistema adottato dagli uomini, che mettevano legacci ai bordi delle spalle e lungo le maniche delle vesti d’arme, venne preso dalle donne come un ottimo spunto per fantasie e decorazioni.

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imageLe vesti femminili, gamurre, erano dunque provviste di un certo numero di maniche anche di diversa foggia, colore e stoffa, da indossare a seconda dell’occasione, del valore, del gusto e della stagione.

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Questa veste, conosciuta come gamurra, è stata realizzata dalla stessa modella Ornella

La veste, conosciuta come gamurra, è stata realizzata dalla stessa modella Ornella

Questa veste, conosciuta come gamurra, è stata realizzata dalla stessa modella Ornella

Frittata: le preparazioni con le uova erano estremamente variate, grazie alla versatilità a cui si prestano per la cottura. Considerate da sempre come alimenti dalle virtù ricostituenti, trovavano posto come antipasto (ricordiamo l’espressione coniata da Orazio, “ab ovo usque ad mala”, cioè dall’uovo alla mela: significava il pasto completo, il banchetto romano che iniziava appunto con antipasti tra cui le uova e terminava con dolci e frutta; nel 1400 sempre tra gli antipasti troviamo le ova sorbilia, oppure sode e con vari ripieni), ma anche come da intermezzi dopo gli arrosti. Le prescrizioni per la preparazione e cottura fatte da MM sono precise: per renderla più morbida va mescolata con acqua e latte, invece per renderla più grassa burro e formaggio grattugiato; per farla verde si aggiungeva solo il succo delle erbe, invece col trito si fa la frittata con le erbe. Non andava mai voltata.

 

Un ringraziamento particolare va al presentatore della sfilata, Andrea Alberti.

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Si ringraziano le modelle Chiara Orlandi, Chiara Contini, Roberta Veneziani, Floriana Gandolfi, Simona Baldrighi, Deborah Cavaletto, Paola Zinani, Gabriella Zinani, Sara Giacopazzi, Valentina Cassoni, Elisa Raimondi, Cristina Dalla Mora, Marina Smont, Ileana Cari e Ornella Ercolini e i gentili accompagnatori Giovanni Bardi e il Giangi.

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Un particolare e sentito ringraziamento a Mariarosa Lommi, dell’Associazione Arti e Pensieri, per l’approfondita ricerca storica sulle ricette quattrocentesche.

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imageSi ringrazia la parrucchiera medievale Alessandra Cavallo per la realizzazione delle stupende acconciature quattrocentesche.

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Si ringraziano Emanuele Franchi e Andrea Lombardi per l’arrangiamento luci e musiche.

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Un ringraziamento particolare a Tiziana Inzani, presidentessa ProLoco di Castell’Arquato.

Si ringraziano inoltre Associazione Culturale Terre Piacentine, Stefano Marchi e Massimiliano Renzi per le fotografie.

Grazie a tutti coloro che hanno collaborato e partecipato alla serata.

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