“Agosto” è uno degli affreschi del Salone dei Mesi di Palazzo Schifanoia a Ferrara. È databile attorno al 1470.
Da http://www.artecultura.fe.it/378/il-salone-dei-mesi: “Autore del programma iconografico – una sorta di grande calendario nel quale si mescolano le esigenze celebrative di Borso, la mitologia antica e l’astrologia araba – è Pellegrino Prisciani, astrologo e bibliotecario di corte. Per quanto attiene invece l’ideatore artistico questo è stato a lungo identificato in Cosmè Tura. Si tratta, in realtà, di una notizia destituita di qualsiasi fondamento e le poche certezze relative all’autografia delle decorazioni si riferiscono alla parete est, dove fu attivo Francesco del Cossa, come prova una lettera che egli stesso indirizzò a Borso nel marzo del 1470.”
Durante la seconda metà del XV secolo la veste femminile aveva la vita stretta che creava un’elegante gioco tra un corpetto stretto, che evidenzia le forme, un’ampia gonna e scollatura semicircolare.
La veste era chiusa frontalmente da una serie di bottoni, a volte anche molto preziosi chiamati maspilli, o da lacci come sulle braccia, passanti in una serie di occhielli o anelli metallici creando delle fessure dalle quali si vedeva la camicia sottostante.
L’originale sistema adottato dagli uomini, che mettevano legacci ai bordi delle spalle e lungo le maniche delle vesti d’arme, venne preso dalle donne come un ottimo spunto per fantasie e decorazioni. Le maniche in questo modo erano staccate dalle vesti e fissate alle spalle con nastri, lacci o cordoni e dunque intercambiabili.Le maniche erano in genere di colore e tessuto diverso da quello della veste, ricamate e, per coloro che potevano permetterselo, decorate con perle e gioielli. Si poteva avere un numero svariato di maniche per la stessa veste e addirittura potevano superare il costo della veste.
Il detto “un altro paio di maniche” ha origine proprio dopo la metà del XV secolo quando la moda prevedeva la possibilità di applicare vari tipi di maniche agli abiti grazie a questo particolare metodo di allacciatura.
La veste era aperta davanti chiusa da cordicelle, lacci o stringhe, generalmente parallele, alle quali venivano applicati all’estremità puntali di metallo, come oro o argento, chiamati agugelli per la loro particolare forma.
Queste cordicelle venivano infilate in lunghe file di occhielli o in anellini metallici cuciti direttamente sugli occhielli conosciuti come maiette o magliette oppure in sostituzione di essi.
Verso il 1480 si diffuse la scollatura squadrata e la camicia sottostante creava parecchi sbuffi grazie alle numerose aperture sulle maniche dette finestrelle; questi tagli, all’attaccatura della spalla e dal polso al gomito, erano necessari per agevolare i movimenti delle braccia vista l’eccessiva aderenza delle maniche e del taglio circolare dell’attaccatura.
Questa tipologia di veste indossata sulla camicia in estate era la cotta e in inverno era la gamurra, camurra, camora in Toscana e nell’Italia centrale la mentre al Nord era la socha, zupa (zuppa) o zipa.
Da “Lettere di una gentildonna fiorentina”, C. Guasti, A. Macinghi Strozzi “…ch’ella vorrebbe farsi una giornea di saia nera melanese per questo San Giovanni e invero, ella n’ha bisogno, che non è tempo di portar le cioppe, e poi potrà portar la cotta…” (Dopo la festa di San Giovanni Battista, il 24 Giugno, non era più tempo di portare sopravvesti pesanti, ma leggere come la giornea al di sopra della cotta)
Cotte e gamurre erano vesti sostanzialmente semplici più o meno ricche a seconda della classe sociale, per le donne non appartenenti a ceti ricchi erano realizzate con tessuti resistenti e robusti, in lana o in lino a seconda delle temperature.
La cotta era confezionata con tessuti leggeri, sete e broccati italiani, di colori chiari e vivaci; la gamurra invece era di colore scuro, realizzata di panno o velluto o broccato.
Entrambe le vesti potevano presentare come soggetto la ripetizione di motivi geometrici o floreali o animali.
La camicia, per creare questo elegante gioco di “sbuffi”, aveva maniche lunghe e larghe; le donne che potevano permetterselo indossavano una “Camisia una tele cambraie cum manicis latis usque ad terram” cioè una camicia di tela di Cambrai con grandi maniche lunghe ovvero una camicia confezionata con un tessuto molto fine, quasi trasparente, leggero e morbido, realizzato in puro lino a filati sottili.
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