MASCHERE DI CARNEVALE
Nella storia i festeggiamenti carnevaleschi hanno radici remote: negli antichi riti pagani, in un periodo storico anteriore al Cristianesimo, il “carnevale” era carico di simboli agricoli-pastorali in quanto era considerato il passaggio tra la fine dell’inverno e l’arrivo della primavera, l’anno agricolo.
Durante il Medioevo il carnevale assunse significati più precisi, tanto da essere definito dagli storici il periodo della “festa dei folli” per le caratteristiche trasgressive, festose, sensuali, senza limiti morali con l’aggiunta di abbondanti banchetti e danze.
Nelle antiche feste pagane si utilizzavano le maschere per allontanare gli spiriti maligni, successivamente divennero semplicemente forme di divertimento popolare.
Le prime testimonianze del carnevale risalgono all’Alto Medioevo, attorno all’VIII secolo le quali hanno trasmesso l’immagine di una festa caratterizzata dal divertimento, da cibi e da bevande; in questo periodo si sovvertiva l’ordine sociale scambiando i soliti ruoli e nascondendo appunto la propria identità dietro a delle maschere.
Il più antico documento scritto riguardante l’utilizzo delle maschere burlesche in Italia si trova a Venezia ed è datato il 2 maggio del 1268: in questo documento veniva proibito agli uomini in maschera di praticare il gioco delle “ova”; da questo documento si fa risalire la storia della maschera veneziana, appunto al 1268, anno a cui risale la più antica legge che limitava l’utilizzo improprio della maschera. In questo documento veniva proibito agli uomini in maschera, i “mattaccini” in lungo mantello, il gioco delle “ova” cioè passatempo che consisteva nel lanciare uova riempite di acqua di rose contro le donne che passeggiavano nelle calli.
L’uso della maschera che copriva l’intero volto tenuta ferma alla nuca da due lacci allacciati su retro, è attestato dal XIV secolo, quando i medici, durante la peste, iniziarono ad indossare una particolare maschera (la “maschera dello speziale”) con un lungo becco riempito di spezie per coprire gli odori degli appestati e per prevenire l’epidemia.
Dai primi anni del Trecento cominciarono ad essere promulgate nuove leggi che tentavano di frenare l’inarrestabile decadimento morale dei veneziani del tempo; era proibito indossare la maschera nei periodi che non fossero quelli di carnevale e nei luoghi di culto, questo perché spesso la maschera era usata per nascondere la propria identità e per occuparsi di affari poco puliti o portare avanti relazioni ambigue.
Le maschere italiane nacquero dunque a Venezia, diffuse poi in Italia nel XIV secolo; queste erano usate per diversi scopi, oltre al divertimento e alla burla erano utili anche per nascondersi agli occhi della gente. Da Venezia, e poi in Italia, di diffusero successivamente in Europa e furono poi anche adottate dal Teatro dell’Arte.
L’uso del travestimento permetteva di abbattere le barriere sociali date dalla ricchezza e dal rango, anche le persone povere, mascherate, potevano permettersi quei comportamenti solitamente non concessigli.
Le prime testimonianze in Italia dell’uso del vocabolo “carnevale”, detto anche dialettalmente “carnevalo”, si trovano nei testi del giullare e autore dell’opera satirica “Detto dei Villani” Matazone da Caligano alla fine del XIII secolo e del novelliere e commerciante Giovanni Sercambi verso la fine del XIV secolo.
Il carnevale di Putignano, in Puglia si considera il carnevale più antico simile a quello dei giorni nostri: le sue origini risalgono al 1394.
Con il duca Ercole I d’Este, per carnevale, nel XV secolo si organizzarono feste da ballo, rappresentazioni teatrali, giostre, giochi di abilità e tornei. Il duca stabiliva anno per anno la libertà di andare in maschera, in genere dall’Epifania fino al martedì grasso così anche a Ferrara ognuno poteva permettersi alcune licenze vietate in altri periodi dell’anno.
MARTEDÌ GRASSO
Il Martedì Grasso rappresentava il culmine dei festeggiamenti con sfilate e cortei di maschere, banchetti, canti e balli fino alla mezzanotte, ovvero fino all’inizio della Quaresima. In questa giornata venivano consumati tutti i cibi più prelibati che durante la Quaresima non potevano essere mangiati, come la carne infatti il termine “carnevale” deriva dal latino “carnem levare”, cioè “eliminare carne”, poiché indicava il banchetto che si teneva l’ultimo giorno di carnevale, il martedì grasso, il giorno prima del periodo di astinenza e digiuno religioso. L’usanza di osservare la Quaresima è testimoniata dopo il concilio di Nicea del 325 d. C..
SCHERZI DA PRETE
Nel Medioevo vi era una divertente tradizione per la quale il prete organizzava una serie di burle, scherzi e barzellette per non far annoiare i fedeli e, per farli ridere, lanciava dall’altare salsicciotti e castagnole. L’usanza aveva diversi scopi: nel periodo del carnevale questi scherzi erano utili per rallegrare gli animi prima della tristezza della lunga Quaresima, in generale disponevano i fedeli ad ascoltare meglio gli insegnamenti religiosi.
Dal 1500 si prese l’abitudine di utilizzare l’espressione fare uno “scherzo da prete” per identificare ogni atto inopportuno, ogni iniziativa sconveniente.
L’immagine rappresenta uno “charivari” dal francese, in italiano “capramarito” o “chiavramarito” ovvero una manifestazione di protesta plateale, di rabbia o irrisione collettiva rurale verso i responsabili di atti ritenuti offensivi verso la morale comune.
I partecipanti erano travestiti e mascherati e utilizzavano oggetti per provocare chiasso presso l’abitazione della persona alla quale la protesta era indirizzata.
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