Dal latino:
“Acitrinus” giallo limone
“Coccumellinus” giallo e rosso
“Croceus” giallo dorato
“Giallus” giallo
“Gialdus” giallo sole
“Zaldus” giallo scuro
Il giallo si otteneva dalla guada, una pianta stabile nella sua colorazione per le stoffe, o in pittura dallo zafferano. Era il colore del miele, dello zolfo, dell’ocra. Il giallo evocava il sole. Il cosiddetto giallo Napoli o Egiziano, si otteneva nell’antichità dal velenoso solfuro di arsenico e veniva usato già nel 2500 a.C. Lo zafferano, invece, delizioso e non tossico era usato per tingere lana, cotone, seta e piume di struzzo.
Durante il corso del Medioevo in Occidente il giallo era generalmente un colore poco apprezzato dato che indicava categorie al margine della società quando invece in Cina era il colore degli imperatori, associato al potere, alla ricchezza, alla saggezza. Al contrario nell’antichità il giallo era apprezzato; ad esempio ai Romani piaceva indossare indumenti di questo colore durante cerimonie e matrimoni.
Il giallo nella sua sfumatura dorata (“croceus”) simboleggiava lo splendore del sole e delle stelle che, nati dal caos, con la loro luce illuminavano la creazione; in alchimia il sole aveva tre colorazioni corrispondenti a tre fasi: il sole nero ovvero il caos, il sole d’oro cioè la purificazione e il sole rosso ossia la pietra filosofale color rubino. Il giallo scuro invece era sinonimo di falsità e di tradimento come si nota, in arte, Giuda veniva solitamente rappresentato con la veste di colore giallo simbolo appunto dell’invidia, del tradimento, dell’inganno e della menzogna. A partire dal XII secolo venne usato dunque per rappresentare, nei testi e nelle immagini, il colore della falsità e del tradimento.
A parte il “croceus”, tutti gli altri gialli erano considerati negativi, non solo il giallo tendente all’arancione (“coccumellinus”) dei capelli di Giuda, ma anche il giallo limone (“acitrinus”) che rappresentava qualcosa di aggressivo, di sregolato e inquietante; quando venivano abbinati erano l’equivalente del disordine e della follia infatti in tutti i paesi dell’ Europa occidentale il buffone, il giullare era un personaggio vestito di giallo e verde o di abito policromo.
Verso la metà del Medioevo il giallo diventò definitivamente il colore dei truffatori, degli imbroglioni, dei mentitori e si affibbiava a coloro che si volevano condannare. Il vestito tipico del giullare, con le sue strisce verticali era interpretato come un simbolo diabolico, manifestazione di disordine, in opposizione alla monocromia degli abiti dei cittadini per bene. La policromia dell’abito e l’utilizzo delle bande verticali alternate, erano spesso considerate un’esternazione della follia e della anormalità di questo strano personaggio che impersonava quindi una delle tante forme del “folle” nella cultura europea.
In particolare risultavano interessanti le disposizioni relative alle prostitute, altra categoria marginale, dalle quali tenevano a distinguersi le donne di buona famiglia, in quanto a loro era spesso proibito di indossare veli sul capo e talvolta erano obbligate ad indossare vesti di colore giallo.
La distinzione sociale avveniva per grande parte proprio attraverso la differenza nell’abbigliamento. La prima nota di cambiamento era proprio negli abiti che rappresentavano l’appartenenza sociale.
Il giallo comune (“gialdus” o “zaldus”) in contrapposizione all’oro, ovvero simbolo della luce della gioia e della potenza, non brillava, anzi, e così veniva anche associato alle foglie morte, alla tristezza, alla malattia significato opposto per il giallo dorato in quanto importante.
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