Il colore nero, inteso come nero inchiostro, era molto costoso da produrre, infatti era una sorta d’identificazione di appartenenza alla classe sociale e quindi non era indossato dalle classi inferiori, le quali erano solite ad indossare varie gradazioni di grigio.
I neri brillanti, assai costosi, si ottenevano impiegando galle e galloni ovvero quelle protuberanze sulle foglie e sui rami dove gli insetti depositano le loro uova. Neri meno costosi si ottenevano da materiali di facile reperibilità come il mallo di noce cioè la polpa del frutto, dal carbone di legna o dalla fuliggine; quest’ultimi fornivano però tinture alquanto scadenti per qualità e durata.
Varie gradazioni di nero si ottenevano dalla corteccia di ontano, castagno, leccio, faggio e quercia, combinata con sali ferrosi.
Tra l’VIII e il IX, per ordine di Carlo Magno, il colore degli abiti dei contadini doveva essere il nero; un nero stinto, grigiastro, striato, poco costoso per essere accessibile ai contadini. Un colore che rappresentava la paura, la sottomissione, l’umiliazione e l’ignoranza.
Nel Medioevo il nero era generalmente associato all’oscurità e al male; comunemente il diavolo era raffigurato con forma umana con la pelle nera.
Nel XII secolo un abate benedettino, Pierre il Venerabile, diede inizio ad una disputa teologica tra appunto i Benedettini e i Cistercensi accusando quest’ultimi di un eccessivo orgoglio nell’indossare vesti di colore bianco anziché nere; a tal proposito, a difesa degli abiti bianchi cistercensi, intervenne il fondatore Bernardo da Chiaravalle rendendo nota la simbologia negativa del colore nero rispondendo che era il colore del diavolo, dell’inferno, della morte, del dolore e del peccato. Pierre il Venerabile rese l’idea di un nero con valenza positiva che rappresentava la rinuncia alle attrattive del mondo, associato alla sottomissione a Dio, all’umiltà pertanto alla pazienza, alla penitenza per dolore e alla sua temperanza arrivando al concetto estremo di morte e di male.
L’immagine negativa del nero era diffusa oltre la religione: i nobili e i ricchi erano soliti indossare colori vivaci, in Italia andavano di moda mantelli scarlatti e raramente il nero si trovava nel guardaroba di una famiglia. Questo però non riguardava le pellicce in quanto era di moda la pelliccia di zibellino importata dalla Russia e dalla Polonia, il cui pelo era nero e lucido ed era utilizzato per abiti e orli regali visto il costo elevato del materiale. Proprio in questo periodo ebbe luogo una sorta di “rivoluzione” del significato attribuito al nero: da un colore assegnato alle classi inferiori, ovviamente nelle sfumature irregolari e stinte come il grigio, un colore demoniaco, cupo e povero ad un colore conferito agli stemmi della nuova nobiltà, ai cavalieri dei romanzi cortesi (il Cavaliere Nero) e alle ricche pellicce.
Nel XIII secolo Papa Innocenzo III (Anagni 1161 – Perugia 1216) utilizzò abiti neri nel periodo dell’Avvento e della Quaresima contrassegnando il periodo della penitenza e del lutto. Ancora oggi il nero è il colore del Venerdì Santo.
Con il XIII e il XIV secolo tra i religiosi si diffusero vesti nere come simbolo della loro sottomissione a Dio e della penitenza, contemporaneamente a questa valenza, gli si attribuì in contrapposizione un valore regale come sinonimo di autorità e potere.
Ne “La Magna Carta” (Magna Charta Libertatum), un documento redatto da re d’Inghilterra Giovanni Senzaterra, in latino, presso Runnymede nel 1215, all’articolo 35 si leggeva che le stoffe dovevano essere confezionate in misure e tinture standardizzate: l’abito rappresentava l’estrazione sociale, l’ideologia, la provenienza e la religione.
Nel XIV secolo, grazie al commercio, arrivarono sul mercato italiano coloranti neri di alta qualità; visto il colore prestigioso, tra magistrati e funzionari del governo si diffusero abiti neri come segno di importanza della stessa persona e della funzione ricoperta. Verso la fine del secolo, la diffusione del colore è stata agevolata anche dalle leggi suntuarie che, limitando mantelli scarlatti a Venezia e tessuti blu a Firenze, ricchi mercanti, banchieri e nobili scelsero l’uso del nero come preziosa alternativa.
Con il XV secolo prima nel Nord Italia, il nero era indossato dal duca di Milano e dal conte di Savoia e successivamente dai signori di Mantova, Ferrara, Rimini ed Urbino; nel XV secolo il nero cominciò a suggerire eleganza, raffinatezza, importanza e dignità; a Venezia era il colore indossato dai senatori, i tessuti tinti di nero erano molto costosi e di conseguenza erano riservati alle persone appartenenti alle classi elevate e dominanti come medici, avvocati, uomini ricchi e donne di rango; a Genova dogi e nobili indossavano abiti neri di lana e di seta.
Indossato dalle persone in lutto era simbolo di tristezza e dolore, usato da Filippo il Buono (Filippo III di Borgogna), nel 1419 per ricordare la morte di suo padre e successivamente colore di uso comune.
Grazie alla diffusione dei tessuti di questo scuro colore, prima nella corte di Borgogna e in quella di Spagna, la moda degli abiti neri, varianti del grigio scurissimo, blu scurissimo, marrone scurissimo, si diffuse in Italia nel XV secolo per ceto alto, medio, nobili, mercanti, commercianti…

Attività stagionali, contadini sotto il dominio di Carlo Magno. Calendario dei Mesi, Abbazia San Pietro, Salisburgo
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