Gli artigiani di ceramica medio-orientali, già nel IX secolo, scoprirono che aggiungendo all’impasto ossido di stagno era possibile ottenere una copertura bianca opaca. Poiché lo smalto era opaco, la decorazione era dipinta al di sopra di esso e smalto e decorazione venivano quindi sottoposti a un unico processo di cottura; questa tecnica si diffuse rapidamente e già nel XI secolo la ceramica smaltata veniva prodotta nel Maghreb, in Sicilia e nella Spagna musulmana.
Nella seconda metà del XII secolo i tipi di ceramica più diffusi nel Sud Italia erano prodotti con argilla rossa ricoperta da un ingobbio bianco; la decorazione era ricavata graffiando l’ingobbiatura o sovrappondendo a essa motivi dipinti, generalmente in nero o verde.
Nel XIII secolo la ceramica smaltata a stagno veniva prodotta in numerosi centri in Italia centro-settrentrionale. La produzione di ceramica smaltata dunque seguiva due correnti tradizionali, rappresentate dalla protomaiolica nel Meridione e dalla maiolica arcaica nel Settentrione. Le decorazioni trattavano di ornamenti realizzati a spugnetta o a varie decori antropomorfi, geometrici e floreali, zoomorfi e araldici, dipinti in combinazioni di bruno, verde, blu chiaro o giallo ocra, tutti dipinti con molta rapidità nell’intento di abbattere i costi di produzione; tra i centri ceramici più attivi in questo periodo vi erano Castelli, Bussi, Rapino e Palena.
Gli scavi archeologici di Otranto forniscono informazioni sulla produzione della ceramica decorata della seconda metà del XIII secolo.
Le varietà più note di protomaiolica erano la ceramica detta “di Gela”, prodotta in Sicilia, e la ceramica decorata “di Brindisi”, prodotta in Puglia. La maiolica arcaica veniva realizzata in gran parte delle regioni dell’Italia settentrionale e i centri più noti erano quelli di Faenza, Pisa e Orvieto.
Nel XIV le liste erariali e gli atti notarili italiani riportavano notizie di ceramisti e corporazioni; le città che mancavano di una propria manifattura ceramica cercavano di attirare artigiani da altri centri, offrendo loro l’esenzione dalle tasse, i diritti di monopolio e la protezione dalle importazioni.
I ceramisti di maggior successo divennero veri e propri imprenditori, che stipulavano contratti a lungo termine, attiravano gli investimenti di capitali e commercializzavano i loro prodotti in altre regioni italiane e all’estero.
L’intensità della competizione indusse i produttori a sperimentare nuove tecnologie e nuovi materiali e uno dei risultati di questo processo fu lo sviluppo di una più ampia gamma di colori per la decorazione dipinta; contemporaneamente si diffuse in tutt’Italia il gusto per il possesso di manufatti pregiati.
I ceramisti dell’Italia settentrionale e centrale, all’inizio del XV secolo, risposero alle nuove richieste della società, avviando la produzione di una maiolica rivestita da uno smalto più spesso e più bianco di quelli ottenuti in precedenza e arricchita da una decorazione a colori più densi e brillanti.
Tra gli oggetti in ceramica decorata in uso, si poteva trovare lo scaldamani o scaldamano da “scaldamane”; questo era un accessorio medievale di forma e dimensioni varie e alimentato con acqua precedentemente riscaldata sul fuoco. Conosciuto anche con il nome di “caldano” era utilizzato sia da donne sia da uomini appartenenti a ceti abbienti e poteva avere varie forme tra cui libri, scarpe, brocche e ampolle che potevano essere chiuse da una sorta di tappo sulla parte superiore o potevano rimanere aperte e in genere erano anche provviste di un manico per il trasporto.
In Toscana e a Viterbo, si produssero maioliche decorate con la tecnica detta “della zaffera” ovvero decorazioni blu in rilievo.
A partire dalla metà del XV secolo si sviluppò un nuovo linguaggio decorativo che accoglieva motivi derivati dalle ceramiche importate dall’estero e utilizzava una più ampia gamma coloristica.
I ceramisti toscani adottarono il disegno a fiori e foglie, quelli romagnoli eseguirono ceramiche decorate con motivi ‘a piuma di pavone’ e ‘a palmetta persiana’; tra gli altri elementi decorativi si trovavano elementi con contorno nei quali il soggetto era circondato da una cornice che seguiva la sagoma, rappresentando foglie spiraliformi, figure di profilo, intrecci di nastri e numerosi altri piccoli motivi che permettevano di riempire anche lo sfondo. Molti di questi elementi decorativi si trovano oggi nelle piastrelle del pavimento del 1487 della cappella Vaselli nella chiesa di San Petronio a Bologna.
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