Abbigliamento invernale

Nell’Alto Medioevo la cappa, o mantello, poteva coprire le spalle ed era fissata al collo con una grande fibbia impreziosita da decorazioni e pietre oppure poteva coprire soltanto il lato sinistro ed essere fissata sulla spalla destra lasciando completamente libero il braccio destro. La lunghezza del mantello ed il modo di portarlo dipendevano più da considerazioni pratiche che dalla necessità di sottolineare il rango sociale di chi lo indossasse.
In genere veniva portato con cappuccio, ricadente sulle spalle.
Il mantello era molto diffuso fra la nobiltà, ma ancora di più fra gli agricoltori ed i lavoratori in genere, ma per questi, veniva confezionato in lana pesante.
La lana utilizzata dai nobili aveva una filatura più pregiata, arrivava direttamente dalle Fiandre riconosciute all’epoca come il paese produttore dei tessuti di lana più raffinati.
I pastori erano soliti ad indossare mantelli col cappuccio, confezionati con pelle di capra o di pecora con pelo all’esterno.

Immagine tratta da

Immagine tratta da “History of Fascion”, J. Anderson Black – Madge Garland – Frances Kennett, Orbis, 1980

I copricapi nel XI secolo erano molto diffusi e tra questi si trovava una semplice cuffia molto aderente che copriva le orecchie e veniva allacciata sotto il mento, questa cuffia più che un vero e proprio cappello, era una sciarpa modellata sulla testa in modo da tenere a posto le chiome quando tirava il vento.
La principale differenza tra il copricapo della nobiltà e quello delle persone comuni consisteva nella stoffa con cui era confezionato: i contadini portavano cappelli di cuoio, di pelle di pecora, feltro o lana, i signori preferivano il lino più fine, bordato di pelliccia e ricamato.

Cappelli in pelliccia, Francia 1415

Cappelli in pelliccia, Francia 1415

Verso il XII secolo il mantello divenne un indumento principalmente appartenente ai nobili, che poteva essere di varie fogge. La forma più diffusa era a ruota, di mezza lunghezza e senza maniche con varie decorazioni come per il mantello di Ruggero II. In genere era di tessuto pesante foderato di pelliccia; questa proveniva dalla cacciagione locale. Nel campo dei materiali usati per la confezione degli abiti, l’uso della pelliccia rappresenta un vero e proprio lusso.

Mantello circolare di Ruggero II

Mantello circolare di Ruggero II

Secondo quanto si trova scritto la pelliccia più apprezzata nel XIII secolo fu il “vaio”; il glossario del “Romanzo della rosa” ci dice: “La pelliccia più pregiata era la pelle di un animale della famiglia dello scoiattolo, chiamato vaio, il cui dorso era di un grigio bluastro simile al colore della colomba mentre il ventre era bianco”. Altri studiosi ritengono che la parola “vaio” fosse un nome generico per indicare tutte le pelli di prima qualità compresi, per esempio, l’ermellino e lo zibellino. Tra i nobili, la più ricercata era quella di scoiattolo.
Il mantello aveva un apertura laterale e si chiudeva sulla spalla destra per mezzo di un fermaglio o di un legaccio o poteva essere annodato sul petto, affibbiato sulle spalle, mantenuto aperto sul davanti con un cordone che teneva i lembi separati. I colori più usati erano il verde, il rosso e il blu.

Ambrogio Lorenzetti, Palazzo Pubblico di Siena, 1338

Ambrogio Lorenzetti, Palazzo Pubblico di Siena, 1338

Verso la metà del XIII secolo, l’Europa occidentale si dirigeva verso un modo nuovo di considerare l’abbigliamento, dato dai cambiamenti culturali, politici e artistici del tempo.
Gli abiti divennero più eleganti e più pratici merito di nuovi e/o riadattati materiali commerciati grazie ai rapporti positivi all’interno dell’Europa.
La lana era la fibra più commerciata e importante per l’abbigliamento, il cambellotto era una stoffa di lana fine e costosa prodotta e commerciata dalla Francia soprattutto in Inghilterra e nel Nord Italia per le classi più abbienti. Un tessuto invernale “elasticizzato” veniva lavorato in Italia, si trattava di una stoffa tessuta con peli di cammello esportata da Cipro.
Nel campo dei materiali usati per la confezione delle vesti, l’uso della pelliccia rappresentava uno spacco tra ceti alti e bassi, in quanto era un lusso. Al contrario le pelli vennero usate largamente da tutti, tra cui: pecora, tasso, coniglio, gatto e cinghiale.
L’uomo indossava pelli e pellicce per proteggersi dal freddo, diffusi anche mantelli in panno di lana o velluto nei ranghi più alti, quest’ultimi erano generalmente ragliati in una ricca stoffa circolare, bordati di pelliccia e fermati da un’importante spilla o da un semplice nodo.

Mantello e copricapo in lana XIV secolo

Mantello e copricapo in lana XIV secolo

Per proteggersi dal freddo, tra la fine del XIII secolo e l’inizio del XIV secolo, si diffuse un nuovo indumento invernale da indossare sopra la veste, al posto del mantello: si trattava del “garde-corps”.
Era un indumento esterno, elaborato, confezionato con un pesante tessuto di lana e poteva essere bordato di pelliccia e completato da un cappuccio.
Si trattava di una sorta di soprabito lungo sino polpaccio, in genere fino alla caviglia e cadeva liberamente dalle spalle; solitamente non aveva nessuna cintura. Le ampie maniche svasate potevano essere infilate normalmente oppure le braccia uscivano da un’apertura all’altezza dell’ascella lasciando cadere liberamente dietro il tessuto.

Miniatura inglese seconda metà XIII secolo

Miniatura inglese seconda metà XIII secolo

Verso la seconda metà del XIV secolo il garde-corps rimase un sorta di “cappotto” meno popolare del mantello in quanto per proteggersi dal freddo gli uomini erano soliti a ricoprirsi con lunghi mantelli, aperti davanti o di lato, spesso foderati internamente da una pelliccia che poteva provenire da volpi e lupi visto che si trattava di un pelo caldo, resistente al vento e al tempo e impermeabile; il colore giallastro della volpe del Sud Italia rendeva la sua pelliccia povera, mentre considerato con maggior valore il pelo rossastro della volpe centro-settentrionale, le pellicce più diffuse facevano parte della cacciagione locale, mentre le famiglie più ricche facevano uso di pellicce pregiate e costose come lo scoiattolo cangiante, cui alternarsi di dorsi grigi e di ventri bianchi costituiva il “vaio” insieme all’ermellino, la cui bianchezza era marcata dalle macchie nere che formano l’estremità della sua coda, come l’agnello molto giovane dal pelo fine e lo zibellino.

Come copricapi erano molto diffuse mantelline con cappuccio provenienti dai ceti medio-bassi come il cappuccio (comunemente definito “pellegrina”) dei viaggiatori o, verso la fine del XIV, lo “chaperon” francese, nato appunto dalle classi operaie per proteggersi dal freddo; nell’Italia del Trecento il capperone era ampiamente usato anche nei ranghi più alti, come mantellina con cappuccio dalla lunga punta, “liripipe”, il quale poteva essere confezionato con un’unica apertura per la testa o con una serie di bottoni frontali che si allacciavano fin sotto il mento per proteggere il collo. Insieme a questo vi erano berretti in panno come il tocco o l’”infulae” o cappelli di pelliccia che avvolgevano i capo o in feltro a punta o di paglia.

Mantelline o pellegrine, miniatura, 1173

Mantelline o pellegrine, miniatura, 1173

Capperoni femminili, Tacuinum Sanitatis, Pavia, fine XIV secolo

Capperoni femminili, Tacuinum Sanitatis, Pavia, fine XIV secolo

Usi del capperone nel XV secolo

Usi del capperone nel XV secolo “Village Hat Shop Gallery” capitolo 7 – “Medieval or Gothic Europe”

Sempre verso la fine del XIV secolo, nelle stagioni più fredde, si indossava una sorta di farsetto, abbottonato dal collo fino all’orlo, lungo fino alla vita, e stretto; questo indumento poteva essere confezionato senza maniche e la spalla era leggermente “a becco” cioè non terminava bruscamente, con una cucitura al temine della spalla, oppure con le maniche, dalla spalla al gomito abbastanza larghe e poi strette fino al polso, chiuso da una serie di bottoni.
Un’importante fonte che riguarda l’uso del farsetto deriva dai frammenti degli abiti trovati nel sarcofago in granito di Pandolfo III Malatesta, Signore di Fano (comune marchigiano), Brescia e Bergamo durante i restauri nei primi anni ’90. Pandolfo III, vissuto nella seconda metà del XIV secolo, aveva con sè un farsetto in velluto cremisi, utilizzato nell’Italia dell’epoca.
Le spalle e le maniche del farsetto erano gonfie, suggerendo un’impressione di notevole imponenza. A livello del petto, il farsetto era aperto e mostrava una fila di bottoni rivestiti di tessuto corrispondenti ad una serie di occhielli con orlo rinforzato a filo. Anche sui polsini c’erano bottoni ed occhielli simili a quelli presenti sul petto.

Farsetto Signore di Fano seconda metà XIV secolo

Farsetto Signore di Fano seconda metà XIV secolo

Immagine tratta da

Immagine tratta da “Apocalypse in Rome: Cola di Renzo and the Politics of the New Age”

In Italia, sui Tacuina Sanitatis (ÖNB Codex Vindobonensis, series nova 2644, fol. 96), c. anno 1370 d.C. si trova un’immagine a testimonianza dell’uso del farsetto corto che lasciava in mostra calza-brache allacciate direttamente a questo indumento.
Con il nome di “Tacuina sanitatis” vengono classificati tutti quei manuali di scienza medica scritti e miniati dalla seconda metà del XIV secolo al 1450 circa; il loro contenuto faceva riferimento principalmente al testo originale del medico arabo Ibn Butlan, in uso a Baghdad intorno alla metà del Mille. La traduzione in lingua latina del trattato avvenne attorno al XIII secolo alla corte di re Manfredi di Sicilia e, da allora, i Tacuina sanitatis ebbero una rapida e vasta diffusione, con la modifica rispetto alle pratiche mediche e igieniche occidentali.

Tacuinum Sanitatis, 1390

Tacuinum Sanitatis, 1390

Mantelli maschili vennero sostituiti verso il 1380 da nuovi indumenti conosciuti con il termine di “houppelande” da cui derivati poi “pellarda”, “pellanda” o “oppelanda”. Si trattava di un mantello con maniche/cappotto confezionato di stoffe pesanti e veniva indossato sopra la corta cottardita al posto del farsetto.
Fino al 1380 era portato lungo sino alla caviglia confezionato con ricchi e costosi tessuti, di foggia scampanata, mentre alla fine del XIV venne portato al ginocchio, fermato in vita da una cintura.
Nacque principalmente con la funzione di riparare dal freddo, infatti generalmente era foderato o orlato in pelliccia oppure poteva essere foderato in lana o confezionato totalmente in lana, aveva il collo alto abbottonato fino al mento.
Nel 1380 le maniche dello houppelande si presentavano ampie dal gomito e strette al polso, le cosiddette maniche “a sacco” o “a becco di pellicano”. Con il 1400, le maniche vennero modellate a grande imbuto le cui estremità potevano essere frangiate tanto da toccare terra, che andavano a contrastare con la lunghezza della veste; all’epoca maniche così particolari furono esposte al giudizio critico dei moralisti.
Questo indumento poteva rimanere aperto o chiuso sovrapponendolo con una cintura in vita o abbottonato dal collo all’inguine.

Castello di Buonconsiglio, Trento, Maestro Venceslao, 1390

Castello di Buonconsiglio, Trento, Maestro Venceslao, 1390

Pellanda francese con bordi in pelliccia di cinghiale, 1415, Paesi Bassi

Pellanda francese con bordi in pelliccia di cinghiale, 1415, Paesi Bassi

La pellanda (dal francese houppelande), molto diffusa alla fine del XIV e la prima metà del XV secolo, era un’ampia veste, simile ad un cappotto, da portare sopra alle altre vesti, aperta davanti e spesso anche ai lati dando una parvenza di mantello sulle braccia (come quella nera a decorazioni dorate nei “Fratelli Limbourg”); lunga fino alle caviglie con maniche larghe, lunghissime, spesso frangiate era in genere ornata di ricami e foderata di pelliccia o stoffa. Nell’inventario della corte di Ferrara, al tempo di Niccolò III (1393 – 1442), figuravano trentasei pellande di ogni tessuto pregiato e colore. Questa veste aveva sempre un suo cappuccio analogo, ma non fisso, da portare in caso di pioggia.

Le

Le “Très Riches Heures de Duc de Berry”, fratelli Limbourg, 1412 – 1416

Le persone anziane, in genere più riservate e conservatrici, non erano solite a seguire le nuove mode, preferivano indossare lunghe tuniche, le comode pellande e i pesanti lucchi. Il “lucco”, tipicamente fiorentino, o comunemente “cioppa”, era una sorta di soprabito ricco di pieghe e di ampio volume che cadeva fino a terra, era di panno, di colore nero, rosso o paonazzo ed era chiuso al collo con dei ganci o semplicemente annodato con nastri; era confezionato con due tagli laterali per far passare le braccia o a maniche tronche e ampie. Il lucco poteva essere foderato in pelliccia o in velluto in inverno. Il lucco o cioppa, che poteva essere indossato solo al compimento dei diciotto anni, era corto a metà gamba, a volte poteva essere accorciato ulteriormente rimanendo ricco di pieghe e di ampio volume. Era indossato al posto del mantello o della pellanda.

Sassetta (Stefano di Giovanni),

Sassetta (Stefano di Giovanni), “Il giorno dei Magi”, 1433, Metropolitan Museum of Art, New York

Tutti gli altri uomini, compiuta la maggiore età, seguivano la moda diversamente dai saggi anziani; la pellanda rimaneva al ginocchio, nominata “pellanda bastarda” cioè a mezza gamba nata principalmente per cavalcare e aveva ampie maniche, affrappate (con frange) o non, che spesso arrivavano a terra e maniche così passarono sotto al giudizio dei moralisti dell’epoca. Pellande bastarde a manica ampia e lunga sono indossate dai due uomini di Masolino da Pinacale (San Giovanni Valdarno 1383 – Firenze 1440) nell’opera alla Cappella Brancacci a Firenze. La pellanda veniva realizzata con pesanti stoffe pregiate, era aperta davanti, chiusa in vita da una cintura o con l’utilizzo di bottoni ravvicinati e poteva essere foderata di pellicce di vaio, di marmora o di ermellino; nelle classi medie era di lana, foderata di pelle di scoiattolo o d’agnello. Dal termine pellanda si risale all’origine di questo indumento; nato dalle classi operaie era confezionato da pelle (da cui pellanda) per proteggersi dal freddo e dalle intemperie durante il lavoro.

“The Gold Book”, fine XV secolo, British Library

Rimase diffuso dalla fine del 1300, il farsetto sopra al quale gli uomini, erano soliti ad indossare una “giornea” dal francese “jornee” cioè casacca. La giornea era una sopravveste che ricordava la guarnacca del periodo a cavallo tra XIII e XIV secolo; caratterizzata da aperture laterali, era diffusa senza maniche come quella indossata dagli uomini sempre ne “Il supplizio dell’ebreo” di Piero della Francesca, di colore bianco abbinata al farsetto nero o di colore azzurro abbinata a quello grigio, tra essi vi è un uomo con indosso una giornea verde ampiamente diffusa dopo la metà del secolo. Questa sopravveste era trattenuta in vita da una cintura visibile, a volte, solo sulla parte frontale lasciando libera la giornea sulla schiena creando una sorta di mantello.
Originariamente fu di uso militare (surcot) dal secolo XIV e indossata ad uso civile dal secolo XV, fu foderata di pelliccia, lunga fino al polpaccio, bordata di pelliccia, ma poteva esserne confezionata anche totalmente, come quella indossata dal mercante lucchese Giovanni Arnolfini, nel “Ritratto dei coniugi Arnolfini” di Jan Van Eyck del 1434, conosciuta con il nome di “pelliccione”.

Coniugi Arnolfini, Jan Van Eyck, 1434

Coniugi Arnolfini, Jan Van Eyck, 1434

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Il capperone in panno della fine del XIV secolo rimase il copricapo più diffuso nel XV secolo in quanto lasciava la possibilità di essere indossato in svariati modi, da mantellina a turbante in testa fino al “mazzocchio” (derivazione) in panno indossato da Lorenzo de’ Medici (il Magnifico) nella seconda metà del XV secolo.

Dicembre, Libro delle Ore, di Adélaïde de Savoie, Musée Condé, 1460

Dicembre, Libro delle Ore, di Adélaïde de Savoie, Musée Condé, 1460

Le donne avevano le stesse scelte maschili, mantelle in lana e pellande in panno furono ampiamente usate di svariate fatture, copricapi in tessuto pesante, capperoni o veli di seta o “saia”, una seta finissima diffusa tra il 1100 e il 1200 proveniente dall’Oriente era diffusa tra le nobili donne.

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Libro d'Ore francese, Maestro di Bedford, 1410

Libro d’Ore francese, Maestro di Bedford, 1410

Per tutto il XV secolo questi indumenti invernali furono di largo uso tra le varie classi sociali in confezioni, decorazioni e materiali diversi in base alle possibilità economiche della persona.

Libro delle Ore, Roma, XV secolo, Bodleian Library, Oxford

Libro delle Ore, Roma, XV secolo, Bodleian Library, Oxford

1500, Walters Art Museum, Baltimora

1500, Walters Art Museum, Baltimora

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