Il capperone nacque nel XIII secolo come un copricapo ad uso pratico tra i “laboratores”; lo “chaperon”, proveniente appunto dalla Francia e conosciuto in Italia con il nome di “capperone” trova testimonianza nel manoscritto sulle tecniche agronomiche e di coltivazione dei giardini “Opus ruralium commodorum”, dello scrittore e agronomo Pietro de’ Crescenzi (Bologna 1233 – 1320), nel quale vengono citati capperoni utilizzati dai contadini. Il copricapo ricordava una mantellina provvista di cappuccio indossata dalle persone appartenenti al clero: l’almuzia.
Nato appunto dalle classi operaie tra i “caputei ad evitandum frigus” ovvero tra i “cappucci per ripararsi dal freddo”, nell’Italia del Trecento il capperone era ampiamente usato anche nei ranghi più alti, come mantellina con cappuccio dalla lunga punta cucita all’estremità del cappuccio conosciuta come “liripipe” o “cauda” in base alla lunghezza, il quale poteva essere confezionato con un’unica apertura per la testa o con una serie di bottoni frontali che si allacciavano fin sotto il mento per proteggere il collo.
Il lungo liripipe agevolò la diffusione del capperone anche tra le classi più elevate dato che si presentava in linea con il gusto francese, furono infatti i conti di Franca Contea, regione della Francia Orientale, a seguire questa moda, avvolgendo intorno al capo, sopra la fronte, il lungo becco del cappuccio.
Si poteva trovare anche come “cappuccio a gote” in quanto sul volto era abbastanza stretto. Era un cappuccio facilmente riconoscibile grazie alla lunga cornetta, “liripion” o “liripipe”, sul fondo del cappuccio che poteva essere rigirata sul volto per garantire maggiore protezione contro le intemperie. La forma del cappuccio, nella sua totalità, ricordava la forma del bocciolo dell’arbusto “Capparis spinosa” da cui si riconosce il nome “capperone” o la cappa, mantellina, dei pellegrini infatti il Vocabolario degli Accademici della Crusca, Firenze 1612, descrive il capperone come indumento derivante dalla cappa; un cappuccio in genere povero “di uso contadinesco, o da vetturali, il quale è appiccato a’ lor Saltambarchi, per portarselo in capo sopra ‘l cappello, quando e’ piove. Lat. cuculio.”
La stessa Enciclopedia Treccani dell’Arte Medievale definisce in altrettanto modo il capperone come indumento derivato dalla cappa, “un cappuccio per la pioggia, munito di piccolo bavero o mantellino che arrivava sino all’avambraccio”.
Nella seconda metà del XIV secolo il capperone assunse notevoli cambiamenti; all’inizio del Quattrocento si indossava arrotolando la parte frontale, si formava così una specie di “rotolo” a modi turbante.
Questo veniva fissato in testa e la parte che poggiava sul petto cadeva da un lato della testa e il “liripipe” scendeva dall’altra parte passando sotto al mento e poggiava alla spalla oppure si lasciava scendere liberamente il liripipe lungo la spalla come mostra “Ritratto di un uomo” di Jan Van Eyck del 1432. Poteva essere anche arrotolato sulla testa a modi turbante come si vede nel presunto autoritratto di Jan Van Eyck “L’uomo in turbante” del 1433 alla National Gallery di Londra, sempre di questo artista si trova anche “Ritratto di uomo con copricapo azzurro” del 1430 in cui il capperone presenta decorazioni lungo l’orlo e il liripipe, infatti questo cappuccio poteva terminare con varie frangiature.
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