Moda femminile nella seconda metà del XIV secolo

I cambiamenti più evidenti nella moda femminile arrivarono in Italia con la metà del XIV secolo, il mezzo più efficace per la diffusione dell’abbigliamento era dato dalla curiosità che destava il modo di vestire degli stranieri che venivano in Italia, questa curiosità apparteneva per la maggior parte alle donne.
La tessitura, in Italia, raggiunse una grande perfezione, famosa la Firenze della fine del 1300 per essere all’avanguardia in Europa nella fabbricazione di tessuti fini, quest’arte venne considerata fra quelle maggiori. I mercanti fiorentini, attraverso la loro potente corporazione costituitasi per favorire il commercio internazionale dei panni di lana, arrivarono perfino ad acquistare stoffe all’estero, particolarmente in Francia o in Oriente per sottoporle a speciali rifiniture: Arte di Calimala la quale era una della maggiori Arti per quanto riguarda la lavorazione dei tessuti.

Gli scrittori del tempo sottolineavano la signorilità degli ornamenti delle donne italiane e l’eleganza dei loro abiti, si parlava di un “buon gusto italiano”. Letterati come Petrarca (Arezzo 1304 – Arquà 1374) e Boccaccio (Firenze 1313 – Certaldo 1375), negli ultimi anni, ricordano queste eleganti forme femminili nei loro scritti; Lorenzo da Firenze (compositore dell'”Ars Nova” 1372/73), Grazioso da Padova (compositore italiano della seconda metà del Trecento) o anche Vincenzo da Rimini, le elogiavano nelle loro composizioni musicali.

Già dal 1360 scomparsero le vesti femminili ampie e tutto d’un pezzo che ricoprivano interamente le donne, al loro posto apparirono abiti che mettevano in risalto la figura e le forme; l’abbigliamento femminile era composto da tre strati: la camicia, la sottoveste (cotta da “cote”) o gonnella e la cottardita (sovra-cotta da “cote-hardie”).

La camicia, indossata sulla pelle come indumento intimo, era confezionata in tela di lino o, per le donne più ricche, in seta. Secondo Francoise Piponnier, studioso dell’abbigliamento storico, nel suo “Dress in the Middle Ages”, la camicia, per le donne più povere, era confezionata di canapa, un tessuto più economico del lino; ad esempio nella raffigurazione della nascita di San Giovanni Battista risalente alla seconda metà del XIV secolo, conservata nella chiesa di San Giovanni in Villa la donna a letto mostra un tessuto di peso e rigidità simile alla canapa.
Le donne di qualsiasi classe appartenessero, dovevano indossare la camicia di giorno e di notte secondo le leggi del pudore.

image Nascita di San Giovanni, Bolzano

La camicia era una tunica larga a maniche strette fino al polso, ma dal 1340/60 si diffuse una camicia con gli spallini al posto delle maniche, sempre priva di bottoni o lacci in quanto veniva indossata direttamente dalla testa come indumento intimo.

Venceslao Venceslao

Contemporaneamente si trovavano anche camicie senza spallini, ad esempio in una miniatura datata nella seconda metà del XIV secolo, in Puglia, le due donne sono raffigurate con camicie senza spallini. Secondo gli studiosi dell’epoca queste camicie erano confezionate in questo modo in quanto la veste era molto scollata sulle spalle e la scollatura non doveva colmata nemmeno dalla camicia.

Venceslao Venceslao

Le contadine povere solitamente indossavano la camicia come unico indumento per il lavoro, come si nota nelle miniature delle immagini relative ai Tacuina Sanitati.
Con il nome di “Tacuinum Sanitatis” vengono classificati tutti quei manuali di scienza medica scritti e miniati dalla seconda metà del XIV secolo al 1450 circa; il loro contenuto faceva riferimento principalmente al testo originale del medico arabo Ibn Butlan, in uso a Baghdad intorno alla metà del Mille. La traduzione in lingua latina del trattato avvenne attorno al XIII secolo alla corte di re Manfredi di Sicilia e, da allora, i Tacuina Sanitati ebbero una rapida e vasta diffusione, con la modifica rispetto alle pratiche mediche e igieniche occidentali.

Tacuinum Sanitatis Tacuinum Sanitatis

La scollatura era molto evidente nelle vesti femminili, quando le donne tentarono di allungare lo scollo del loro abito, ad a imitazione delle vesti francesi, i legislatori si opposero a questa moda attraverso una legge suntuaria del 1342 in cui si vincolava la scollatura a una mano dal collo. Le donne rispettarono la legge coprendo castamente il seno però scoprendo in gran modo le spalle attraverso un collo “a barchetta” molto ampio, come si può notare in una miniatura, nel Romanzo di Alessandro, datata nel 1344.

Romanzo di Alessandro, 1344, Oxford Romanzo di Alessandro, Oxford

La cotta era composta da un corpetto stretto con maniche strette fino al polso abbottonate con una serie ravvicinata di bottoni dal gomito all’orlo del polso ed un’ampia gonna sottolineata da arricciature in vita mettendo così in evidenza la rotondità del ventre, tondo e proteso in avanti. Questa poteva presentare una chiusura frontale con una serie di bottoni dall’orlo del collo per tutta la sua lunghezza, questo tipo di veste era conosciuto col termine di “cipriana” visibile in Guiron Le Courtois del 1370/1380 a Milano, nell’immagine a sinistra, o, sempre dello stesso autore, nel ciclo degli affreschi a Lentate sul Sevesto, immagine a destra.

image
Solitamente la veste mostrava un ampio scollo a barchetta quando era indossata sotto alla cottardita.

Romanzo di Alessandro, Oxford Romanzo di Alessandro, Oxford

Le donne che si occupavano dei mestieri erano solite ad indossare la camicia e la gonnella con sopra un grembiule per proteggerla  durante le mansioni. La lunga veste era funzionale anche per il lavoro quando non vi erano cesti a disposizione.

Tacuinum Sanitatis Tacuinum Sanitatis
Tacuinum Sanitatis Tacuinum Sanitatis

La cottardita, o sovra-cotta, del 1340/60, che dal 1351 prese il posto della guarnacca, era generalmente abbottonata davanti dal collo ai piedi o fino al bacino nella cottardita con una lunga fila di bottoni, facilmente confondibile con la cipriana. [https://vestioevo.com/2017/09/22/la-cipriana/] Come osservava Gabriel de Mussis (1280 – 1356) questa moda bizzarra ledeva l’onestá femminile in quanto la l’abito particolarmente attillato e scollato metteva in mostra i seni. La veste era lunga fino alla caviglia o spesso fino a terra creando uno strascico; questo veniva rialzato nella mano destra mostrando la cotta sottostante, generalmente di colore diverso, come si nota nella miniatura datata 1385 alla Bibliotheque Nationale di Parigi. Il rialzare la sopravveste con la punta delle dita della mano destra, era uno dei gesti femminili più deliziosi ed eleganti dell’epoca secondo lo scrittore Villani.

Parigi, Biblioteca nazionale, Ofiziolo Ms. Lat. 757, f.373, Sant’Orsola e le compagne, 1380. La miniatura riproduce una notevole varietà di vesti e acconciature trecentesche. La seconda figura femminile da sinistra ha un particolare tipo di acconciatura di perle che veniva detta “terzolla” perché costituita da trecento perle che creavano una sorta di “fascia”. Le vesti scollate da spalla a spalla, secondo la moda della seconda metà del XIV secolo, mostrano varie decorazioni. Quando una veste era ricamata, i decori raffiguravano frequentemente animali come leopardi, cervi, leoni, cani o uccelli, basti pensare a una delle imprese viscontee e sforzesche indubbiamente più celebri: l’impresa della tortora, o della colombina, posta al centro di un sole radiante, la cosiddetta raza, o radia magna, mentre tiene nel becco un nastro con il motto “A Bon Droit”. Uberto degli Uberti di cappella Santa Maria Maggiore presentò un sacco di broccato d’oro in campo rosso con ricami, “laboreriis”, di seta azzurra con raggi d’oro e animali dorati. Questi tipi di panni di seta lavorati a ricamo erano detti “diaspri”. Dopo la metà del Trecento i motivi di animali lasciarono più che altro il posto a motivi vegetali come foglie, palme e girali che invadevano il tessuto anche se motivi zoomorfi rimasero per tutto il secolo. Nel caso della donna con “terzolla” nella miniatura, le decorazioni rappresentano uccellini inframmezzati da motivi floreali realizzati di colore contrastante alla veste.

APPROFONDIMENTO SULLE ACCONCIATURE 👉🏻 https://vestioevo.com/2015/04/26/corone-perle-e-nastri-tra-i-capelli/

Tacuinum Sanitatis, Vienna Tacuinum Sanitatis

La cottardita aveva maniche lunghe o che arrivavano al gomito guarnite con nastri mostrando le maniche strette della sottoveste come si nota nel “Allegoria del Buono e del Cattivo Governo”, affresco nel Palazzo Pubblico di Siena di Ambrogio Lorenzetti (Siena, 1290 – Siena, 1348), tra le donne che danzano o anche nell’affresco nel Cappellone degli Spagnoli, “Esaltazione dell’ordine domenicano” del pittore italiano Andrea Bonaiuto o Andrea da Firenze (Firenze, 1343 – Firenze, 1377).

Lorenzetti, Siena Lorenzetti, Siena
Bonaiuto, Firenze Bonaiuto, Firenze

Con il 1350 questi nastri erano strisce di stoffa più o meno lavorata o di pelliccia fissati appena sopra al gomito erano molto lunghi e cadevano liberamente lungo il fianco della veste come si vede ancora una volta nell’opera di Bonaiuto, o in Tommaso da Modena nel 1358 o anche nella scultura “Statue of Joan” datata 1377; quest’ultima mostra anche una serie di bottoni ravvicinati dal collo della cottardita fino al bacino.
I bottoni rappresentavano la ricchezza della donna che indossava la veste in quanto erano veri e propri gioielli in metallo prezioso.

Tommaso da Modena, Storie di sant'Orsola, Chiesa di Santa Caterina a Treviso Tommaso da Modena, Storie di sant’Orsola, Chiesa di Santa Caterina a Treviso

L’aderenza della cottardita venne sottolineata dalla stoffa attillata sui fianchi sotto ai quali si presentavano delle tasche ad asola come si nota in un’illustrazione, di Jacques de Longuyon nel “Vows of the Peacock”, del 1350 o in una miniatura tratta dal “Romanzo della Rosa”, opera francese iniziata da Guillaume de Lorris in cui la donna in cottardita blu, porta dei nastri al gomito dello stesso colore dell’asola della tasca all’altezza del bacino.

Jacques de Longuyon Jacques de Longuyon
Romanzo della Rosa Romanzo della Rosa

Le donne superarono lentamente il rifiuto del loro corpo grazie alla fine della Peste Nera (datata alla metà del XIV secolo) e al distacco dall’immagine di peccato che fino ad ora le aveva perseguitate; erano alla ricerca di vesti aggraziate, ma che allo stesso tempo mostrassero tutte le forme del loro corpo, tant’è che diventarono molto esigenti con sarti e tessitori a tal punto che questi, verso il 1380, proposero un abito ampiamente aperto dall’ascella ai fianchi in modo da mostrare le forme avvolte nella stretta veste sottostante; una sorta di guarnacca dalle fessure molto più ampie. Tutte queste caratteristiche fecero arrivare una nuova figura femminile che dal 1380 venne messa in risalto in modo diverso: con una veste aperta ai lati che permetteva di vedere la sottoveste attillata al corpo, le cosiddette “finestre del diavolo” in quanto per la Chiesa erano fonte di peccato, sia per le donne che manifestavano un senso di libertà, sia per gli uomini a cui provocavano pensieri viziosi.
Testimonianza di questa nuova moda si trova negli scritti riguardanti i testamenti nelle vesti di Agnese di Bonaccorso de’ Ruggeri, sposa di Rolando di Guglielmo de’ Rossi alla fine del Trecento presso le signorie dei Rossi di Parma, signori di Berceto, Bardone, Corniglio, Bosco, Roccaprebalza, Roccaferrara, Corniana e Castrignano; gli abiti facevano parte della ricchezza di famiglia ed erano considerati sui testamenti. Altra testimonianza si ha nella seconda metà del XIV secolo di Margherita Datini, moglie di Francesco di Marco Datini, importante mercante di Prato, la veste mostrava abbondantemente la cotta. Queste nuove vesti diffuse molto in Francia dopo la metà del XVI secolo e successivamente anche in Italia, in Germania e in Inghilterra grazie alla curiosità e ai mercati, erano confezionate con stoffe importanti che si commerciavano in tutt’Italia, ma lavorate e ricercate maggiormente in Toscana, in Emilia e in Lombardia.

Le donne della fine del XIV secolo mantengono così il corpetto stretto della sottoveste mettendolo in vista ai lati del corpo in quanto l’abito formava un pannello davanti molto stretto, una specie di pettorina che veniva guarnita, tra la nobiltà, con ermellino o altre pellicce rare, la gonna, senza interruzioni di vita, era molto ampia ed importante e spesso era più lunga di qualche centimetro rispetto all’altezza di chi la portava da formare uno strascico.

image

Vi fu anche un importante cambiamento nelle acconciature e nei copricapi femminili. Le donne erano solite ad intrecciarsi i capelli attorno al capo in vari modi, decorando le loro trecce con nastri o gioielli, ad esempio una retina, molto diffusa in Francia e con la fine del secolo, anche in Italia, veniva indossata come contenimento delle trecce, conosciuta col nome di “crespina”; si trattava di una rete in metallo in cui vi erano inserite perle di diverse dimensioni.
Le donne ancora nubili lasciavano i capelli liberi; le donne nobili sposate imprigionavano le loro trecce ai lati del capo o dietro con crespine, sostenute da un cerchietto metallico, mentre i capelli delle donne comuni venivano raccolti semplicemente con trecce attorcigliate su se stesse o attorno al capo. Rimasero di uso comune i veli o le stoffe tra le donne vedove o le donne di chiesa, il soggolo diffuso per le suore. Le donne contadine erano solite ad indossare un cappello di paglia o un fazzoletto nelle stagioni calde, ad esempio un semplice pezzo di stoffa da poter bagnare per rinfrescarsi.

La Volta delle Donne, Chiesa del Carmine, Piacenza, ultimi decenni XIV secolo

La Volta delle Donne, Chiesa del Carmine, Piacenza, ultimi decenni XIV secolo

Immagine tratta da Immagine tratta da “A History of Fashion”, J. Anderson Black, Magde Garland, Frances Kennett, Orbis 1980

Nei mesi invernali le donne indossavano mantelli di stoffe pesanti, le più ricche avevano mantelli foderati o rifiniti in pelliccia. Tra le nobili si trovavano pellicce pregiate come ad esempio quella di ermellino, scoiattolo, volpe e marmora; tra le meno ricche c’erano pellicce di lontra o di gatto. Solitamente si indossava anche una semplice “stola” come si nota dell’immagine di Maria d’Enghien, principessa di Lecce, signora di Taranto e regina consorte di Napoli, nel particolare nella Basilica di Santa Caterina a Galatina.

Basilica di S. Caterina, fine XIV secolo Basilica di S. Caterina, fine XIV secolo

Alla fine del secolo, si diffuse un nuovo indumento invernale: lo “houppelande” da cui derivati poi “pellarda”, “pellanda” o “oppelanda”. Si trattava di un’ampia sopravveste chiusa, confezionata con una grande quantità di tessuto, con un’apertura frontale, alta o bassa, per il collo con generalmente larghe maniche. La pellanda più diffusa presentava maniche molto ampie fermandosi in un polsino stretto, le cosiddette maniche “a sacco” o “a becco di pellicano”, parecchio lunga, formava uno strascico. Questo particolare tipo di sopravveste chiusa, tra le donne abbienti, era impreziosita da tessuti pregiati, da affrappature (intagli) sulle maniche e da gioielli come bottoni in metallo pregiato.

Anche le vesti trovavano similitudine nella pellanda, ad esempio nelle maniche, ma il collo si presentava ampio anziché alto.

Immagine tratta da Immagine tratta da “Evoluzione Storica e Stilistica Della Moda”, Giorgio Marangoni, Smc, 1997 sopravveste con collo alto e maniche a “becco di pellicano”
Muckley 1386 Womens Clothing: Middle Class veste: Muckley 1386 Womens Clothing: Middle Class
Giovannino de'Grassi, Concerto di Dame - dal veste: Giovannino de’Grassi, Concerto di Dame – dal “Taccuino di disegni detto di Giovannino de’Grassi”, 1370, Bergamo, Biblioteca Civica A. Mai.
%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: